Quel che rimane di una serata per Le Vie del Rum

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Per certe occasioni vale la pena fare 300 chilometri e rincasare alle 2 di notte, soprattutto quando queste occasioni nascono quasi per caso, tra un malinteso e un dono, tra un “come non c'è la degustazione?” e un “vieni stasera? È anche meglio!”.

Così mi ritrovo in una splendida villa nei pressi di Sarzana, in una serata limpida di agosto con il fresco di settembre (e meno male che si degustava rum, altrimenti avrei avuto bisogno di un pullover!) immerso in un'atmosfera nuova a discutere di distillati e vini con nuovi, ottimi, compagni di bevute!

C'è chi gestisce club di appassionati di Whisky, chi promuove il turismo in liguria, c'è un vulcano coi capelli biondi che non tace un secondo e chi stà già pensando alla prossima degustazione, c'è un narratore d'eccezione in braghe a quadri e bretelle e un magnifico ospite a metà tra Charlie Chaplin e Doc Emmett Lathorp Brown!
Sorrido.

La cena a bordo piscina scorre via leggera tra un vermentino e una ribolla, discutendo di distillerie chiuse per sempre, ricordi e progetti.
Dopo un bicchiere di moscato, di cui non avevo assolutamente bisogno per sentirmi a casa, inizia il momento che tutti stavamo aspettando.
È Marco Graziano, giovane all'anagrafe, ma anziano per cultura del rum, a introdurre la degustazione con leggerezza, grazie anche alla perfetta spalla di “Doc” Gabriele.


Port Morant Demerara Rum, 15y, 46% vol. Bristol Spirits.



Il primo rum è un Demerara (Guyana) fatto con melassa proveniente dalla piantagione Port Morant, distillato con il più antico alambicco double pot still in legno ancora in funzione, acquistato da Bristol Spirits nel 1999 e invecchiato in patria in botti ex bourbon fino al 2014.

Al naso rimanda subito al legno e alla vaniglia, ma col passare dei minuti emergono sentori di albicocca secca, di panettone e torba. In bocca è morbido ma non dolce, consistente e strutturato. Di una certa finezza (rivalutata un po' col secondo assaggio), ha un finale lungo di chiodo di garofano e anice stellato (ci fa notare Marco), balsamico.


Forse il più “convenzionale” dei tre. Un ottimo inizio per preparare palato e mente a quel che sarebbe successo poco dopo.


Jamaica Rum 21y, 45% vol. S. Samaroli.



Con la seconda bottiglia si apre un mondo nuovo.

Siamo in Jamaica (personalmente l'isola da cui provengono i rum che preferisco). Nel 1982 Silvano Samaroli (uno dei 10 migliori selezionatori di rum al mondo ci dice Marco, e non si può che essere d'accordo) acquista questo rum e lo porta a invecchiare in Scozia per ben 21 anni prima dell'imbottigliamento nel 2003, il che significano altri 13 anni di ulteriore affinamento in bottiglia!

Bottiglia numerata (360 di 396) e cask numerato (il numero 19) come a voler dare un'identità ben precisa ad ogni bottiglia. Un nome ed un cognome per poterle dare del tu.

Finezza, eleganza e potenza si fondono in modo unico in questo rum, come in un felino, o in un lupo...
Il legno, presente, non è mai invadente. C'è una distinta nota di camomilla e un sottofondo salmastrato dato dal lungo invecchiamento in Scozia. Quasi un Whisky.
Infinito, lascia in bocca una sensazione dolce e sapida allo stesso tempo. Viene voglia di chiudere gli occhi e lasciarsi coccolare. E così sia!

Prima di affrontare il terzo bicchiere decidiamo di riannusare il primo rimasto vuoto e imparo una lezione importante: il confronto. Nel primo bicchiere è rimasto un persistente profumo di albicocca secca, ma la differenza in finezza, eleganza, corpo e sentori tra i due rum, ora emerge con forza.

Dedicato a quelli che “vorrei un rum, con ghiaccio, grazie, uno qualunque, tanto sono tutti uguali!”.



Jamaica Monymusk Supreme Lord VIII, 25y, 55.7% vol. Rum Nation



Con la terza e ultima bottiglia restiamo in Jamaica (ho l'impressione che anche a Marco quest'isola piaccia un po'...) ma cambiamo imbottigliatore, Rum Nation di Fabio Rossi, personaggio cresciuto tra bottiglie di Champagne Salon e Whisky Laphroaig, che dopo aver fondato la Wilson&Morgan, inizia ad appassionarsi al rum e fa nascere Rum Nation.

E indovinate chi è stato il maestro di Fabio Rossi? Quel S. Samaroli (S. sta per Silvano o San, come volete) di cui sopra...

La particolarità di questa bottiglia sta nell'essere uno Special Barrel di doppio invecchiamento. 10 anni di in botti ex Whisky e 15 in botti ex Sherry Oloroso.
La gradazione è quella della botte. Nessuna diluizione. Cask Strenght.

È etereo (qualcuno di voi giocava con il Crystalball?), esplode immediatamente sia al naso che in bocca, col legno fine, la cannella, il pepe, e ogni sorta di spezia.
Dopo qualche minuto emergono cioccolato, caffè, cuoio, è quasi piccante.
L'invecchiamento in botti di Sherry Oloroso gli donano un finale di confettura di prugne che non se ne va più.
L'anima Jamaicana pungente, colorata e speziata, si fonde perfettamente con quella suadente, morbida e mediterranea dello Sherry in un equilibrio perfetto. Grandissima bottiglia!


Dedicato a quelli che “il rum di melassa è un po' una schifezza, è fatto con gli scarti. Gli unici rum degni sono quelli agricoli”.



La degustazione volge al termine, il freddo e il sonno non vincono la voglia di fermarsi ancora a chiacchierare, a concedersi un bis (o due...), ad accendersi un sigaro e a scambiarsi opinioni e inviti per occasioni future.


Quel che rimane

Del primo bicchiere resta l'albicocca, natalizia e polposa.
Del secondo la camomilla e l'eleganza.
Del terzo l'equilibrio perfetto tra spezie e frutti rossi che scalda il cuore.

Della serata rimangono un luogo incantevole, un ospite prezioso e divertente, un maestro di cerimonie da applausi, nuove belle amicizie, e la voglia di tornare presto sulle Vie del Rum


Qualcuno ha detto "Ritorno al futuro"?

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